Roberto “birba” Randazzo
Nel 1978 avevo 14 anni… e mi sono innamorato dell’Africa. E’ successo in parrocchia, una domenica pomeriggio, mentre ero immerso nella visione di un film di corse di automobili.
Non fosse che il Giappone, che a quel tempo consideravo una minoranza rispetto al mercato europeo, in seguito abbia partecipato meritevolmente nello sport motoristico mondiale, quanto mi sbagliassi, lo capii dopo anni. Il sole, rosso e grande all’orizzonte. La sabbia che, impolverando qualsiasi cosa, cambiava il colore delle lamiere delle vetture, dei visi dei concorrenti, delle tute ignifughe che da multicolorate apparivano poi quasi tinta unita beige. E quella natura, quasi ancora incontaminata, venne raccontata attraverso la sfida tra persone di varie nazionalità, per percorrerla da un punto all’altro, nel minor tempo possibile, consapevoli dei pericoli a cui stavano per sottoporsi. E quali strane vetture venivano usate, in questo film-documentario giapponese? Normalissime berline tre volumi 4 porte, marca e modello allora sconosciuti: DATSUN 510 e NISSAN Violet, due vetture quasi uguali, con la motorizzazione di punta disponibile all’epoca. Ho riguardato quei 91 minuti di film diverse volte, senza neanche il mezzo limone e la liquirizia oppure i pop corn in mano. Il mio cervello “beveva” avventura, natura, sfida, metallo, gomma, tramonti, sabbia, come se non esitesse altro da vivere.
I due amici rivali Godai e Pierre si sfidavano sia sull’asfalto di Montecarlo sia nella più lunga maratona del Safari Rally. Non ricordo se a fine campionato, uno dei due risultò vincitore di titolo o trofeo. Ricordo due amici, attorniati dalle rispettive squadre corsa, che battagliavano chilometro dopo chilometro, nel difficile ambiente africano, primeggiando alternativamente. Credo di aver visto, in quella pellicola, lo spirito di rivalità e squadra raccontato allo stato puro, nell’ambiente che più lo estrae dalla personalità di ognuno, l’Africa. Ne traggo esperienza quotidiana, da sempre, considerando chi lavora in gruppo una Squadra che esprime il meglio di se stessa, condividendo pregi e difetti. Da quel giorno, ho cominciato a seguire qualsiasi raid motoristico che si svolge in quella terra particolare, con qualsiasi mezzo a motore si disputi. Piangendo, però, per i danni a essa stessa perpetrati, segnata dalle tracce della competizione e dell’essere umano che la vìola per puro sogno di averla in pugno, quando invece mai sarà così.
Titolo: SAFARI 5000
Genere: documentario
Anno: 1971
Regia: Koreyoshi Kurahara
Attori: Ruriko Asaoka, Alain Cuny, Jean Claude Drouot, Yûjirô Ishihara, Toshirô Mifune, Emmanuelle Riva.Produzione: Giappone
Durata: 91 min.