Emanuele Bortolato
Quanti hanno sognato di provare l’ebbrezza di una corsa a tutto gas nel deserto? Quanti sono cresciuti seguendo le gesta degli eroi della Parigi – Dakar? Terre lontane, paesaggi esaltanti, sfide impegnative per mezzi e piloti che in situazioni estreme si dimostrano veri campioni sportivi e umani. Tecnica e passione, ingegneria e sudore! Auto, moto, quad, prototipi, camion, tutti potenti e sfavillanti, progettati per superare le difficoltà dei percorsi africani. L’Africa è dura, è difficile, e solo persone come Stéphane Peterhansel, Vladimir Chagin, Karel Loprais o Edi Orioli possono accettare la sfida del deserto… o forse no? La risposta è Marocambolesque!
Bruno Pelligra, siciliano d’origine e modenese d’adozione, non lo troverete nell’Albo d’Oro del Rally Dakar, ma incarna la stessa passione dei piloti prima citati anche se non vola sulle creste delle dune con le sue utilitarie d’altri tempi, non attraversa come un forsennato i villaggi africani e non guida un prototipo super potente con cui sfidare gli avversari.
Ciao Bruno, ti senti un pilota di rally raid africani? Hai mai immaginato di essere pari a tali campioni?
Assolutamente no, perché mi mancano almeno due prerequisiti essenziali: lo spirito agonistico e le capacità di guida del pilota da rally raid. La vecchia Dakar ha affascinato anche me, ma ho cominciato a sognare l’Africa leggendo il libro “Il raid automobilistico”, quella sorta di bibbia del fuoristradismo scritta da Nino Cirani del quale ammiravo la meticolosità con cui preparava i suoi viaggi.
Era il 1973, ed io guidavo già la mia prima bicilindrica Citroën, una Dyane che, socchiudendo gli occhi, mi pareva molto somigliante alla Land Rover scelta dal grande viaggiatore per esplorare il mondo: semplicità meccanica, telaio a piattaforma, parabrezza piatto, possibilità di avviamento a manovella… Insomma tutte le caratteristiche della vettura fuoristrada ideale come la descriveva Cirani. Ma – dettaglio non trascurabile – le ruote motrici su cui potevo contare io erano solo due, sufficienti comunque ad andare molto lontano, almeno con la fantasia.
Qual è il mezzo con cui affronti questi viaggi? Hai apportato ad esso modifiche particolari?
Nel 1992 attrezzai come un piccolo camper la mia prima furgonetta su base 2CV; era una AK 400 con la quale l’anno successivo raggiunsi Capo Nord dopo avere partecipato al Raduno Mondiale degli Amici della 2CV che si era tenuto in Finlandia. Da allora non ho più rinunciato alla libertà che offre un veicolo abitabile, per quanto piccolo esso sia. Ho quindi preparato altre due furgonette Acadiane, che hanno affiancato la prima AK400 di cui sono ancora felice possessore.
Tutti i miei mezzi sono dotati di riscaldatore Webasto per consentire notti confortevoli anche nei climi più freddi; inoltre posso contare su fornello, lavabo e WC chimico. Tutto ha dimensioni contenute ma è assolutamente funzionale, a condizione di essere molto ordinati nella gestione degli spazi.
Dal punto di vista meccanico le modifiche riguardano il raddoppio del serbatoio carburante, rinforzi al telaio e ai bracci delle sospensioni, accensione elettronica ed altri interventi minori.
Preferisco non elaborare il motore perché ritengo che l’affidabilità conti di più di qualche cavallo spremuto a un mezzo progettato per un impiego a corto raggio. E poi – come dicevo – non ho l’indole del pilota sportivo.
Qual è stato il viaggio che porti nel cuore? E quello che non ricordi con piacere?
Ho un bel ricordo di tutti i viaggi che ho fatto sia in compagnia di mia moglie che degli amici del gruppo Caravan Petrol. Forse sono stato fortunato, oppure solamente attento a evitare situazioni potenzialmente rischiose, ma i miei ricordi legati ai viaggi sono sempre positivi.
Sono felice di avere visitato la Libia prima che quel paese divenisse politicamente instabile, non dimenticherò mai lo splendido deserto algerino e gli algidi panorami d’Islanda. Certo, non posso ricordare con piacere il danneggiamento del telaio della mia Acadiane avvenuto tra le sabbie della Mauritania. Ma con l’aiuto degli amici e di una sperduta officina priva perfino di energia elettrica, il telaio è stato saldato ad acetilene e ho riportato a casa l’auto.
Ti è mai capitato di aver qualche fastidio con burocrazia o altro?
Se qualche problema meccanico bisogna metterlo in conto (e comunque cercare di prevenirlo), per noi europei frettolosi è difficile accettare i ritmi di altri paesi e culture. Superare la dogana di una nazione africana può essere snervante se l’esperienza non viene vissuta con lo spirito giusto, cioè senza fretta e arroganza. Se è difficile definire un semplice “fastidio” l’attesa di cinque o sei ore per varcare una frontiera, è anche vero che nessuna guardia di confine europea si sognerebbe di regalare una cassetta di mandarini in segno di benvenuto, com’è invece accaduto al mio gruppo passando dalla Mauritania al Marocco.
Con un’espressione abusata ma che rende bene l’idea, si potrebbe sintetizzare dicendo: “C’est l’Afrique!”
Queste auto (Dyane o 2CV) trasudano simpatia e gioia, ergo vien da pensare che l’ospitalità sia quasi scontata anche in paesi remoti. Hai mai temuto per la tua sicurezza?
Oltre alle bicilindriche di casa Citroën, talvolta utilizzo un Mitsubishi L300 4×4 ultraventennale, anche questo camperizzato. Da autentico veicolo fuoristrada può contare su prestazioni ben diverse da quelle di una Dyane o 2CV, ma queste ultime sono imbattibili quanto a simpatia.
A prescindere dal mezzo utilizzato, non ho mai temuto per la mia sicurezza e ho sempre ricevuto una eccellente accoglienza.
È anche vero che gli stupidi esistono in qualsiasi parte del mondo e, per quanto possibile, cerco di evitarli accuratamente.
Come nasce un tuo viaggio? Immagino che il lavoro a tavolino per pianificarlo sia impegnativo quanto il viaggio stesso. Vuoi parlarci di questo aspetto?
Pianificare l’esperienza collettiva è il mio ruolo all’interno del gruppo Caravan Petrol, un drappello di amici per i quali la 2CV costituisce prima di tutto un insuperabile strumento per conoscere luoghi e persone.
Per quanto utilizzi le piccole Citroën da oltre quarant’anni, ho scarse competenze meccaniche e non amo sporcarmi le mani di grasso. Ma fortunatamente all’interno del gruppo c’è chi svolge ottimamente questa funzione, come anche quella di realizzare foto e video o di improvvisare un “cenone” di fine anno in mezzo alle dune. Il principio che ci accomuna è la condivisone delle competenze: ognuno mette a disposizione degli altri ciò che ritiene di saper fare. Si chiama “spirito 2CV”!
So che con gli amici del Caravan Petrol tra pochi giorni partirai per un raid in Marocco. Qual è l’itinerario programmato e le parti di esso che, almeno sulla carta, potrebbero essere più insidiose e problematiche?
È vero, il nostro gruppo di otto equipaggi tornerà in Marocco tra la metà dicembre e la prima decade di gennaio. Sarà la seconda edizione del “Marocambolesque” che ripercorrerà in parte strade e piste già conosciute in passato, ma toccherà anche alcune nuove zone frutto di un giro compiuto lo scorso anno in compagnia di mia moglie e durato un paio di mesi.
Dopo due giorni di navigazione sbarcheremo a Tangeri, puntando successivamente a superare la catena montuosa dell’Atlante fino a raggiungere la pista che si sviluppa parallelamente al confine algerino e che un tempo era percorsa dalla Dakar. Sarà la parte più impegnativa del nostro piccolo raid, ma viaggeremo in tutta sicurezza perché potremo contare su una guida locale e sul suo Defender d’assistenza.
Successivamente visiteremo altre zone montuose con paesaggi spettacolari, per dirigerci infine verso la costa atlantica e risalire fino all’imbarco di Tangeri.
La percorrenza teorica è di 3700 chilometri, ma è prevedibile che quella effettiva supererà i 4500.
Se non erro i tuoi viaggi hanno anche uno scopo solidale. Vuoi raccontarci qualcosa in merito a questo aspetto?
Non ho mai pensato che una modesta quantità di materiale scolastico e di vestiti usati potesse cambiare la vita dei bambini africani. Tuttavia distribuire quel poco che le nostre auto ci permettono di caricare serve a ricordarci la nostra condizione privilegiata e farci entrare in contatto con situazioni che avremmo visto solo dal finestrino.
Il Marocco è un paese nel quale è in atto un vertiginoso processo di sviluppo, ed è sempre più raro imbattersi in bambini scalzi o vestiti in maniera inadeguata.
È per questo motivo che, in occasione del prossimo viaggio, il gruppo Caravan Petrol porterà a bordo solo palloni e giocattoli da scambiare con i sorrisi che porteremo a casa come ricordo ed esperienza di vita.
Aggiornamenti sul raid 2CV Marocambolesque saranno pubblicati in diretta dal Marocco sul sito:
www.caravanpetrol.it
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